Struttura dell’albero

Se noi sezioniamo l’albero possiamo vedere alcune caratteristiche fondamentali su come è strutturato per la sua vita.

Vediamo come è partendo dall’esterno verso l’interno:

  • CORTECCIA esterna con funzione di protezione
  • LIBRO in cui circolano le sostanze nutritive elaborate dalle foglie
  • CAMBIO che genera tutta la struttura di trasporto e di sostegno della pianta
  • LEGNO ATTIVO in cui l’acqua sale dalle radici
  • LEGNO INATTIVO impregnato di sostanze che gli conferiscono la solidità

CORTECCIA

Alla formazione della corteccia, che ha funzione protettiva per i sottostanti tessuti vascolari e per il cambio, oltre al libro partecipa anche un altro tessuto generatore, molto simile al cambio, chiamato fellogeno. Da esso si origina la parte esterna della corteccia, le cui cellule vanno incontro a suberificazione. Il fellogeno ha forma varia nelle varie specie, determinando il particolare aspetto esterno della corteccia. In generale, un fellogeno cilindrico e continuo, parallelo al cambio, produce cortecce lisce, mentre le cortecce a placche sono il prodotto di un tipo di fellogeno discontinuo, a lamine arcuate verso l’ esterno.

LIBRO

Il libro viene deposto dal lato esterno del cambio. Nei vasi del libro circola una soluzione ricca di sostanze organiche prodotte dalla fotosintesi clorofilliana a livello delle foglie. Tale soluzione trasporta il nutrimento a tutte le parti vive della pianta, dalle radici alle foglie, e viene trasformata nelle sostanze di riserva accumulate nei frutti e nei semi. Esaurita la propria funzione, i tessuti del libro si accumulano sul lato interno della corteccia, a formare un denso strato fibroso, che si sfalda a fogli, come le pagine di un libro.

CAMBIO

L’ organo più caratteristico, benchè non esclusivo, dell’albero, non è situato in qualche punto recondito del suo troco, come suggerirebbe una interpretazione antropocentrica, nè si trova concentrato in una zona circoscritta e protetta come il cuore o il cervello negli animali più evoluti. Esso è costituito da una struttura, la cui comprensione ci impone di liberarci da ogni paragone con il mondo degli animali. Tale struttura consiste in una lamina sottilissima, dello spessore dell’ ordine dei millesimi di millimetro, formata da un unico strato di cellule, che percorre, fra corteccia e legno, tutta la complessa impalcatura dell’ albero fin nelle più piccole ramificazioni, siano esse della chioma oppure delle radici. Questo originalissimo organo generatore, che in un volume del tutto insignificante, rispetto alla massa complessiva dell’ albero, racchiude la chiave per la comprensione di tutta la sua struttura ha nome cambio. Il cambio ha la funzione di generare i tessuti nuovi che rimpiazzano quelli che, per aver esaurito la loro primaria funzione, perdono progressivamente la vitalità e si accollano alle strutture inerti, prodotte precedentemente con lo stesso processo. I tessuti generati dal cambio sono deputati al trasporto dei liquidi nella pianta.

LEGNO INATTIVO

Il giovane tessuto legnoso resta attivo per un tempo limitato, che varia da specie a specie, poi subisce un processo di mummificazione, impregnandosi di sostanze tanniche, resine e olii che ne favoriscono la conservazione. La parte interna, ormai morta, ha funzione di sostegno e in alcune specie si distingue molto bene per colore e consistenza dalla parte viva e fisiologicamente attiva. Questa parte di legno inattiva è anche detta durame.

LA PARTE AEREA

Chioma di albero verdeLaddove, anzichè un incremento del diametro del tronco dei rami, è richiesto, o semplicemente previsto, un aumento in lunghezza, alla lamina cambiale fanno seguito strutture appena più complesse, sotto forma di masserelle di cellule generatrici, da cui nascono germogli portanti foglie e fiori, nella parte aerea, nuove radici nella parte sotterranea. Oltre che in posizione apicale, tali masserelle di cellule generatrici (cellule embrionali o meristematiche) sono localizzate nell’ ascella delle foglie, cioè nel punto di attacco del picciolo fogliare sul ramo. Negli alberi caducifogli, esse generano, già alla fine dell’ estate, gli abbozzi dei germogli futuri e delle future infiorescenze, che dovranno resistere alle asprezze della stagione avversa, e presentano una copertura di squamette di protezione (perule). All’ insieme degli abbozzi e delle perule si dà il nome di gemme. In alcune specie le perule sono assenti e gli abbozzi delle foglie sono visibili, spesso ricoperti di peluria. In tali casi si parla di gemme nude. Si distinguono vari tipi di gemme, a seconda che rappresentino abbozzi di germogli (gemme a foglie), oppure di infiorescenze (gemme a fiori), oppure di entrambi (gemme miste). Esse possono essere apicali oppure laterali, sottese cioè da una cicatrice fogliare.

Potature rispettose dell’equilibrio della pianta

potatura bossoGli scopi della potatura in arboricoltura urbana non sono così evidenti come nel settore frutticolo.

Un concetto generale è che l’albero, al posto giusto e mantenuto in adeguate condizioni, non richiede di norma potature, se non di piccola entità. Esso è in equilibrio statico-nutrizionale, cioè in grado di resistere a sollecitazioni meccaniche destabilizzanti e di costruire una chioma ben sviluppata, forte e sana. In rapporto all’età dell’albero, la potatura viene effettuata per i seguenti scopi:

  • formare la chioma in vivaio (potatura di formazione);
  • minimizzare lo stress da trapianto (potatura di trapianto);
  • occupare adeguatamente lo spazio disponibile in funzione dell’effetto ricercato nella fase di accrescimento della chioma (potatura di allevamento);
  • mantenere la forma e il portamento raggiunti dagli esemplari maturi ovvero contenere, innalzare, rimondare, diradare, sfoltire (potatura di mantenimento).

Un albero, quindi, va potato diversamente a seconda dell’età o, meglio, a seconda del suo stadio di accrescimento. Infatti nei vari stadi del suo sviluppo (giovanile, adulto, maturo e senescente) l’albero non si comporta sempre allo stesso modo: non soltanto cambia la propria morfologia, ma anche il proprio equilibrio biologico.

Nei primi anni di vita un giovane albero finalizza le proprie strategie di accrescimento alla conquista della luce, così da uscire il più velocemente possibile dallo strato erboso-arbustivo che lo circonda vincendo la concorrenza delle altre piante. Pertanto, un giovane albero attuerà una strategia mirata a un veloce accrescimento soprattutto in altezza (sviluppo del tronco in senso verticale). Solo in un secondo tempo la pianta si svilupperà in larghezza cercando di “rubare” spazio alle piante concorrenti, modificando nuovamente le proprie strategie di crescita (ingrossamento del tronco ed emissione di rami con sviluppo orizzontale).

La terza fase di accrescimento è quella che porta l’albero al consolidamento e al mantenimento delle dimensioni raggiunte. Più precisamente, così come confermato dagli studi del Prof. Pierre Raimbault, gli stadi di accrescimento di un albero si possono ricondurre a 10 fasi morfologiche distinte.

Le dimensioni di un albero, perciò, non sono sempre un indicatore certo della reale fase di sviluppo in cui una pianta si trova.

Compresi questi concetti, possiamo dire che le piante giovani e le piante adulte crescono in maniera estremamente diversa e quindi non possono essere potate applicando in egual modo gli stessi principi. Un intervento sbagliato può influire in maniera negativa sul futuro di una pianta e molto spesso questi interventi possono danneggiare in maniera irreparabile l’albero, minandone estetica e salute. Conoscere bene le fasi di crescita di un albero è fondamentale per effettuare interventi di potatura mirata, contenendo o favorendo, ad esempio, lo sviluppo di rami sui quali la pianta ha deciso di investire più o meno energie.

I principali elementi della struttura dell’albero che controllano e stimolano il suo accrescimento sono le gemme apicali e le radici assorbenti. Nel caso della potatura è essenziale il mantenimento del rapporto della produzione ormonale che gemme e radici emettono; una potatura eccessiva o un trapianto errato possono spostare l’ago della bilancia ormonale, ponendo in crisi l’albero e costringendolo a reazioni non desiderate (ricacci eccessivi sul tronco e colletto oppure disseccamento di uno o più rami). Questo concetto ci porta all’affermazione che una potatura non sempre deve essere fatta in un intervento unico; a volte, per non turbare gli equilibri sopra descritti, può essere necessario intervenire più volte in periodi diversi.

La gemma apicale (posta in cima alle branche principali) produce ormoni, funge da regolatrice e coordinatrice di quella che è la gerarchia di crescita dell’albero,inibendo lo sviluppo delle gemme sottostanti e favorendo una crescita armonica e simmetrica (dominanza apicale). L’asportazione della gemma apicale porta a un periodo di disorganizzazione della pianta. L’albero tenterà di sostituirla utilizzando gemme di rami sottostanti, ma non è sempre detto che ci riesca. Questa operazione è generalmente lunga e dannosa per la pianta stessa, in quanto perde le caratteristiche architettoniche che noi le riconosciamo e quindi perde in qualità e valore.

Tali interventi, inoltre, portano a un precoce invecchiamento dell’albero, costringendolo ad attuare strategie di accrescimento proprie di una pianta più adulta. Per meglio descrivere le varie fasi di potatura, i rami vengono classificati in base alla posizione che occupano nell’architettura della pianta. Così un ramo che si sviluppa nella parte inferiore di una branca principale è detto “ramo in pancia”, se invece il suo accrescimento avviene nella parte superiore della suddetta branca verrà chiamato “ramo in schiena”. Nella pianta matura le operazioni sono sostanzialmente invertite rispetto alla pianta in fase giovanile.

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